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L’accatastamento rappresenta una classificazione di ordine tributario, che fa stato a quegli specifici fini, senza assurgere a strumento idoneo – al di là di un mero valore indiziario – per evidenziare la reale destinazione d’uso di singole porzioni immobiliari e della relativa regolarità urbanistico-edilizia. Il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato ha per effetto il passaggio da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra e si traduce in un differente carico urbanistico, con la precisazione che lo stesso a volte avviene senza la realizzazione di opere a seguito del mero mutamento d’uso dell’immobile, altre volte si caratterizza per la realizzazione di quelle opere in assenza delle quali l’immobile non può soddisfare quella diversa funzionalità che comporta il trapasso da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra.
Di conseguenza il mutamento di destinazione d’uso riguarda, quindi, un immobile individuato e può avere corso solo nel rispetto della disciplina urbanistica vigente (C. Stato 30/06/2014, n. 3279).

IL FATTO

Su ricorso dei proprietari dell’immobile, il TAR annullava i provvedimenti con i quali il Comune aveva annullato il permesso di costruire precedentemente concesso rilevando l’illegittimo cambio di destinazione, ordinato la rimozione e demolizione delle opere realizzato ed irrogato sanzione pecuniaria per opere abusive eseguite.Il Consiglio di Stato, sentenza n. 2628 del 24 aprile 2019, rigettato l’appello del Comune, ha confermato la sentenza di primo grado.Aderendo alla tesi del TAR, i Giudici hanno censurato la decisione del Comune, fondata su valutazioni di carattere prettamente urbanistico ed edilizio su dati aventi, invece, altro rilievo.

L’accatastamento. In particolare, l’accatastamento rappresenta una classificazione di ordine tributario, che fa stato a quegli specifici fini, senza assurgere a strumento idoneo – al di là di un mero valore indiziario – per evidenziare la reale destinazione d’uso di singole porzioni immobiliari e della relativa regolarità urbanistico-edilizia. Ciò a maggior ragione assume rilievo nel caso di specie, laddove il Comune appellante invoca la necessità, da parte dell’interessato, di presentare, alla cessazione dell’attività, una dichiarazione di mutamento a fini di accatastamento.La prospettazione appare infondata, in quanto ciò che rileva è la verifica, di carattere prettamente urbanistico ed edilizio e di competenza comunale, in merito al mantenimento od all’eventuale mutamento della destinazione d’uso (accompagnato o meno da opere), a fronte dei medesimi titoli edilizi legittimanti la costruzione.

Mutamento di destinazione d’uso. Nel caso di specie è proprio ciò di cui sono carenti gli atti comunali, dai quali non emergono elementi tali da reputare realizzato l’abusivo cambio di destinazione d’uso in contestazione.Come noto, il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato ha per effetto il passaggio da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra e si traduce in un differente carico urbanistico, con la precisazione che lo stesso a volte avviene senza la realizzazione di opere a seguito del mero mutamento d’uso dell’immobile, altre volte si caratterizza per la realizzazione di quelle opere in assenza delle quali l’immobile non può soddisfare quella diversa funzionalità che comporta il trapasso da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra.Di conseguenza il mutamento di destinazione d’uso riguarda, quindi, un immobile individuato e può avere corso solo nel rispetto della disciplina urbanistica vigente (C. Stato 30/06/2014, n. 3279).Il presupposto del mutamento di destinazione giuridicamente rilevante ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, è che l’uso diverso,ovviamente attuato senza opere a ciò preordinate (nel qual caso occorre verificare altresì l’ammissibilità delle stesse), comporti un maggior peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

L’aggravio dei servizi. L’aggravio di servizi — ad esempio, il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona, il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l’immobile – è l’ubiconsistam del mutamento di destinazione che giustifica la repressione dell’alterazione del territorio inconseguenza dell’incremento del carico urbanistico, nella pianificazione del tessuto urbano, dall’Amministrazione locale e su queste basi, il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è soltanto quello intervenuto tra categorie funzionalmente autonome sotto il profilo urbanistico, come accade nel passaggio dalla destinazione industriale a quella commerciale (C. Stato 25/09/2017, n. 4469.

La decisione. Nel caso in esame nulla di tutto ciò risulta posto a fondamento della motivazione delle determinazioni contestate, né accertato in concreto a carico della parte destinataria degli atti contestati.

Il Consiglio di Stato evidenzia che la diversa destinazione è stata tratta dal Comune «dalla mera ispezione catastale (…) e dalla successiva verifica presso il sistema di anagrafe tributaria da cui è stata ricavata la notizia della cessazione dell’attività (…), ma ciò, oltre all’irrilevanza ex sé del mero accatastamento nei termini generali sopra ricordati, nulla rileva ai fini urbanistici né dimostra l’effettivo mutamento di destinazione d’uso, facendosi riferimento ad una mera cessazione di attività (peraltro conforme), non all’avvio di un’attività difforme».

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Tratto da www.donnegeometra.it

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