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Tra scetticismo e cambi di regole, l’estate sarà decisiva per il futuro del superbonus. Molti si stanno convincendo che non sia più possibile sfruttare il 110%, ma non è così

I PUNTI CHIAVE
1. Orizzonte 2025 ma non per tutti
2. Il falso allarme sui fondi esauriti
3. Cessioni bloccate
4. Nuove modifiche in arrivo
5. Come regolarsi oggi

Dopo l’entusiasmo iniziale, per il superbonus è arrivata l’ora dello scetticismo: molti sono convinti che ormai non sia più possibile sfruttare il 110%, se non ci si è già attivati nei mesi scorsi. È davvero così?

La risposta è negativa, ma per capirne i motivi è necessario esaminare due variabili: il tempo e la fattibilità economica. Sul primo fronte, l’estate sarà il momento decisivo per capire se il mercato si rimetterà in piedi, consentendo a tutti di agganciare le scadenze fissate dalla legge di Bilancio. Sul secondo, bisogna ragionare su due strade diverse: cessione del credito e detrazione diretta.

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Orizzonte 2025 ma non per tutti
Cominciamo dai tempi. Per i condomìni il superbonus è applicabile alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2025, con percentuali calanti: 110% fino alla fine del 2023; 70% nel 2024 e 65% nel 2025. Significa che, chi inizia a pensarci oggi, non può dare per scontato di agevolare tutta la spesa con la detrazione più ricca.

La stessa scadenza vale per gli edifici da due a quattro unità immobiliari posseduti da un unico proprietario o in comproprietà tra più persone fisiche. Potrebbe trattarsi anche di una villetta bifamiliare posseduta da due coniugi. È questa forse l’ipotesi in cui il 110% è più facile, perché ci sono scadenze “comode” e si può decidere senza dover passare per l’assemblea condominiale.

Il tempo è agli sgoccioli invece per gli edifici unifamiliari (le cosiddette villette) e le unità funzionalmente indipendenti con accesso autonomo inserite in edifici plurifamiliari. Qui la scadenza è il 30 giugno del 2022, che può diventare 31 dicembre 2022 se al 30 settembre sarà stato eseguito almeno il 30% dell’intervento complessivo.

Come dire: per chi non ha già avviato il cantiere è praticamente impossibile rientrare nell’agevolazione. E chi ha un cantiere aperto deve correre. L’unica chance per agganciare un termine diverso è frazionare l’edificio monofamiliare, così da rientrare nel termine previsto per gli edifici da due a quattro unità immobiliari. Ma dev’essere un frazionamento “genuino” sotto il profilo tecnico.

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Il falso allarme sui fondi esauriti
Questi sono gli unici termini da rispettare. Una volta che si rientra in queste scadenze, il superbonus è assolutamente accessibile. Non c’è, insomma, un allarme legato all’esaurimento dei fondi. Vediamo perché.

Il rapporto sulla politica di bilancio 2022, preparato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), a pagina 63 fa il punto su tutti i fondi stanziati finora per il superbonus, a partire dalla legge che l’ha istituito, il decreto Rilancio (Dl 34/2020). In totale, si tratta di 33,3 miliardi di euro, con un picco nel triennio tra il 2024 e il 2026, quando gli oneri previsti viaggiano tra i 7 e gli 8 miliardi all’anno.

È una cifra che si confronta con i numeri registrati a fine maggio nelle 172.450 asseverazioni Enea (che non tengono conto, peraltro, della parte legata all’antisismica) ammesse a detrazione. Gli oneri a carico dello Stato previsti a fine lavori per le detrazioni sono già pari a 33,7 miliardi. Gli oneri per le detrazioni già maturate sono, invece, pari a 23,6 miliardi. In sostanza, quando tutti i lavori attualmente già asseverati saranno completati, si arriverà a spendere più o meno quanto è stato preventivato finora per il 110 per cento.

Questo – va detto chiaramente – non vuol dire che non ci sono più soldi a disposizione per le detrazioni. Significa, invece, che le previsioni di spesa per lo Stato sono state sottostimate. Del resto, lo stesso Upb parlava già qualche mese fa di «difficoltà di prevedere l’effettivo impatto dei maggiori incentivi sulle decisioni di spesa», a causa della struttura del superbonus. Un quadro di incertezza, aggravato dall’assenza «di un tetto massimo all’onere gravante sul bilancio pubblico». Ma se il tetto non c’è, le domande possono andare avanti.

Cessioni bloccate
Il vero problema economico, oggi, è che la maggior parte delle banche non è più disponibile ad acquistare i crediti d’imposta da superbonus. Perciò le imprese edili faticano a offrire lo sconto in fattura (non saprebbero a chi trasferire il bonus) e i committenti privati si trovano di fronte a un’agevolazione così ricca da non poterla scontare dalla propria Irpef.

Basta pensare che il 110% dal 2022 si recupera in quattro rate annuali, perciò un investimento di 100mila euro si traduce in quattro rate di detrazione da 27.500 euro ciascuna. Una cifra che pochissimi contribuenti potrebbero “scaricare” in dichiarazione dei redditi.

Da qui tutto il dibattito politico per trovare soluzioni in grado di rimettere in moto il mercato degli acquisti di crediti d’imposta. Qualche modifica potrebbe arrivare a breve, con l’obiettivo di aumentare il potenziale di acquisto delle banche e degli altri intermediari finanziari.

Bisogna, poi, considerare che negli ultimi mesi è cambiato rapidamente lo scenario finanziario generale. L’aumento dell’inflazione e l’aspettativa di un rialzo dei tassi d’interesse cambia l’atteggiamento delle banche di fronte alla possibilità di acquistare i crediti d’imposta. Il consiglio, comunque, è di aspettare, perché in estate le condizioni dell’offerta potrebbero cambiare.

Nuove modifiche in arrivo
A rendere il quadro fluido, poi, contribuiscono le continue modifiche alle norme che, da quanto si vede in questi giorni, non si arresteranno. La legge di conversione del decreto Aiuti (Dl 50/2022) nei prossimi giorni entrerà nella fase cruciale alla Camera. E, con molta probabilità, ospiterà diverse modifiche con un notevole impatto sul mercato, perché puntano soprattutto ad aumentare il potenziale di acquisto dei crediti.

Il vero terremoto sarebbe rappresentato dall’emendamento più ambizioso: in base a questa ipotesi di modifica, le banche che non riescono a compensare i loro crediti fiscali avrebbero, a fine anno, la possibilità di convertirli in BTp. Questo canale di sfogo aumenterebbe in maniera esponenziale il potenziale di acquisto degli istituti. Ma, dall’altro lato, renderebbe i crediti fiscali di fatto convertibili in debito pubblico: un problema per le classificazioni Eurostat e i conti dello Stato.

Un’alternativa è quella di allargare il perimetro dei soggetti ai quali destinare la quarta cessione dei crediti: non più solo i clienti professionali. Qui le ipotesi sono diverse: si va dalle partite Iva sopra un certo livello di ricavi fino a una cessione indiscriminata a chiunque. Ancora, c’è l’ipotesi di dare più tempo, andando oltre la fine dell’anno, per compensare i crediti. Tutti cambiamenti che, se approvati, potrebbero avere già in estate i primi effetti, tranquillizzando il mercato.

Come regolarsi oggi
In attesa di capire se il mercato delle cessioni dei crediti ripartirà davvero o no, chi sta ragionando sul 110% può fare qualche valutazione preliminare.

Innanzitutto bisogna capire se si avrebbe il denaro per pagare i lavori senza ricorrere a un prestito bancario (il cosiddetto prestito ponte) e se si potrebbe sfruttare l’agevolazione anche senza cessione del credito (potrebbe essere il caso, ad esempio, di due coniugi ad alto reddito che intervengono su un piccolo edificio bifamiliare dividendosi la spesa). Se la risposta è sì a entrambe queste domande si può ragionevolmente procedere già oggi. Ma sono condizioni ideali che si verificheranno per pochissime persone.

In tutti gli altri casi, ciò che si può fare oggi è iniziare a studiare la fattibilità dell’intervento con un tecnico, ragionando sulla regolarità edilizia dell’immobile oggetto dei lavori e sulle possibilità di intervento (riqualificazione energetica, antisismica in zona sismica 1, 2 o 3, oppure entrambe combinate).

Ad ogni buon conto, uno studio di fattibilità e una progettazione seria vanno pagati, perciò chi è interessato al 110% dovrà decidere fin dove si vuole spingere: spendere qualcosa già oggi per essere pronto in vista di una possibile ripartenza del mercato delle cessioni; oppure rimanere al livello di chiacchierata conoscitiva con il tecnico – e magari con qualche impresa e con la banca – e poi riaggiornarsi tra qualche tempo, probabilmente dopo l’estate.

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Articolo tratto da ilsole24ore.com

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